Emilio Vavarella

Emilio Vavarella è un artista il cui lavoro unisce pratica artistica interdisciplinare e ricerca teorica ed è incentrato sul rapporto tra uomo e potere tecnologico. Le sue opere presentano una combinazione di utilizzo di nuovi media con obiettivi alternativi (non produttivi, poetici, disfunzionali), immaginando gli effetti futuri dei processi digitali attraverso l’uso della finzione speculativa e operazioni di decontestualizzazione in cui esaspera l’uso degli strumenti tecnologici per mostrarne i paradossi.

Emilio è attualmente dottorando di ricerca in studi cinematografici e visivi e pratica dei Critical Media all’Università di Harvard. I suoi lavori sono stati esposti in spazi espositivi internazionali come: MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma; KANAL – Centre Pompidou, Parigi; MAMbo – Museo d’Arte Moderna, Bologna; Villa Manin, Passariano/Udine; Museo Nacional Bellas Artes, Santiago; National Art Center, Tokyo; Eyebeam Art and Technology Center, New York; Fondazione Studio Marangoni, Firenze; Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia.

Opere esposte

Report a Problem, 2012
Archivio di immagini digitali, stampe a sublimazione su alluminio, dimensioni variabili

La serie di 100 immagini dal titolo Report a Problem è la prima parte di un progetto sul rapporto tra esseri umani, potere ed errori tecnologici. “Report a Problem” (Segnala un problema) è il messaggio che appare in fondo alla schermata di Google Street View che permette agli utenti di segnalare un problema durante la visualizzazione del luogo che stanno visitando. L’artista ha navigato sul Google Street View collezionando un’ampia campionatura di censure mancate, colori sbagliati, apparizioni casuali. Ha rilevato e archiviato questi “paesaggi sbagliati” prima che altri utenti potessero segnalarli all’azienda affinché li rimuovesse. I paesaggi comuni vengono trasformati dagli errori tecnici inaspettati di Google in qualcosa di nuovo.

The Driver and the Cameras, 2012
Immagini digitali, stampe a sublimazione su alluminio, dimensioni variabili

Ogni auto di Google Street View è dotata di una fotocamera Dodeca 2360 con undici obiettivi in grado di fotografare a 360 gradi. Successivamente le foto vengono assemblate creando una visione stereoscopica. Un algoritmo sviluppato da Google offusca automaticamente i volti di persone ritratte accidentalmente per proteggere la loro privacy. Per creare la serie di fotografie, l’artista è andato alla ricerca di volti che sono sfuggiti all’algoritmo di Google Street View. Gli undici ritratti che ha isolato immortalano il conducente dell’auto di Google. Il guidatore è una sorta di fantasma del potere, appare dove non dovrebbe essere e la sua presenza sfugge alla censura. Il suo volto è il simbolo di un errore, ma allo stesso tempo mostra un lato umano e, forse, il limite del controllo tecnologico.