Debora Vrizzi (Cividale del Friuli, 1975) è una videoartista, fotografa e direttrice della fotografia.
Nel 2000 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna e nel 2006 in Fotografia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia.
I suoi video sono stati presentati al Museo MACRO Asilo di Roma nel 2019, alla rassegna Doppio Schermo. Film e video d’artista in Italia dagli anni ’60 a oggi al Museo MAXXI di Roma e al Videoart Yearbook a Bologna nel 2017. Ha partecipato a vari festival di videoarte tra i quali: Sguardi (in)opportuni, 36° Asolo Art Film Festival, 2018; FIVA Festival Internacional de videoarte, 2014, Buenos Aires (Argentina); 49a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema a Pesaro, 2013; Festival Internazionale del Film di Roma nella rassegna Fisheye – International Experimental Film, 2008.
Ha esposto in mostre personali e collettive in Italia e all’estero tra le quali Video(art) prosumers, Loop Festival di Barcellona; Maravee corpus, Galleria La Loggia, Capodistria (SLO), 2014; Lo sguardo espanso, cinema d’artista italiano 1912-2012, Rocco Guglielmo’s Foundation, Catanzaro, 2012; Double Espace, Galleria La Nuova Pesa, Roma, 2011; Mise en scène, Galleria OffiCina, Pechino (CN), 2009; Mise en Abyme, Galleria 3g, Udine, 2007; 91ª collettiva giovani artisti, Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia, 2007
I suoi lavori sono stati pubblicati in diversi saggi e riviste di arte e cinema sperimentale tra cui Antologia critica della videoarte italiana 2010/2020;Film e video d’artista in Italia dagli anni 60 a oggi, Maxxi Art Collection; To see or not to see, Fuori norma; La via sperimentale del cinema italiano, Segno Cinema.
Opera esposta
Out of order, 2021
Video 4K, 11’30”
Stampe fine art giclée su carta cotone vision (Angela, 90×60 cm / Lucia, 90×60 cm / Maria, 40×60 cm)
Out of order nasce dall’esigenza di esplorare la particolare relazione tra corpo femminile e potere, che piega, drizza e raddrizza. È un progetto artistico che riflette sul funzionamento simbolico degli oggetti con un esplicito riferimento alle artiste surrealiste che hanno lavorato con una sensibilità innovativa all’associazione tra il luogo/casa e il corpo/donna. Nell’opera multimediale gli oggetti domestici evocano forme antropomorfe, come la borsa dell’acqua calda che penzola fumante come una testa mozzata. Alcuni di essi divengono metafora di corpi disfunzionali, di ciò che è censurato. Questi oggetti/soggetti assemblati vengono dispiegati all’interno di un mondo spento, lunare, immersi in un silenzio eloquente.